Scoperto legame tra l’aspirina e la regressione dell’Alzheimer
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista The Journal of Neuroscience.
Una delle cause del morbo di Alzheimer è l’accumulo di placche senili – o placche amiloidi – tra i neuroni. I ricercatori sostengono di avere scoperto che l’aspirina potrebbe impedire il loro accumulo. Questo è avvenuto negli esperimenti effettuati sui topi.
È stato, infatti, rivelato che l’aspirina migliora la capacità dei lisosomi, una sorta di processori per il riciclaggio dei rifiuti, che eliminano la placca amiloide o impediscono che si formi.
I ricercatori ritengono che l’aspirina possa avere lo stesso effetto sugli uomini.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista The Journal of Neuroscience.
Attualmente non esiste una cura per l’Alzheimer e i farmaci hanno avuto un successo molto limitato nel rallentare la progressione della malattia.
L’aspirina, nota anche come acido acetilsalicilico: una meta-analisi pubblicata nel marzo scorso dagli scienziati cinesi nella rivista Frontiers in Aging Neuroscience ha altresì esaminato 18 studi e ha scoperto che l’uso regolare di farmaci anti-infiammatori (FANS) – compresa l’aspirina – era associato a circa il 20% in meno di rischio di sviluppare l’Alzheimer.
Sulla base del possibile legame tra questa sostanza e la prevenzione della malattia, i ricercatori statunitensi del Rush University Medical Center di Chicago hanno somministrato l’aspirina ai topi e alle cellule cresciute in laboratorio.
Entrambi gli approcci, in vivo e in vitro, sembrano “prevenire o invertire i segni biologici della sindrome di Alzheimer“, ha detto il dott. Kalipada Pahan, autore principale dello studio.
L’aspirina attiverebbe un recettore cellulare chiamato PPARα, che a sua volta regolerebbe una proteina chiamata TFEB. Quest’ultimo servirebbe da regolatore principale dell’attività del lisosoma. In breve, l’aspirina aiuterebbe le cellule ad eliminare i detriti cellulari, comprese le proteine che formano la placca amiloide.
“Ci aspettiamo di vedere risultati simili nelle cellule del cervello umano“, ha osservato il team di ricerca.
Da sottolineare, comunque, che l’aspirina comporta alcuni rischi se usata quotidianamente. Potrebbe anche stimolare l’attività dei lisosomi se – e solo se – il recettore cellulare PPARa è presente. Quindi, chiunque soffra di una malattia che non ha abbastanza di questi recettori non trarrebbe beneficio dai cosiddetti ‘poteri’ dell’aspirina.