Quando i gastroprotettori non vanno presi? Cosa si rischia?
Il suo nome attrae e a volte può trarre in inganno: il “gastroprotettore” non sempre ti protegge da altri rischi, ci sono casi in cui non è necessario assumerlo, altri invece in cui ne è consigliato l’uso. Tuttavia, il tuo familiare lo assume, il tuo migliore amico anche, perché non prenderlo anche tu? Parliamo di un farmaco e come tale ha degli effetti avversi noti: studi scientifici confermano.
Il gastroprotettore, una protezione per lo stomaco e poi?
Gli Inibitori della Pompa Protonica (IPP) sono la categoria di farmaci più conosciuti e rappresentano la principale indicazione nel trattamento della malattia da reflusso-gastroesofageo nonostante la malattia possa essere ostacolata adottando delle abitudini alimentari salutari, uno stile di vita attivo e limitando l’uso di alcuni farmaci.
Questi farmaci inibiscono la secrezione acida dello stomaco, in Italia sono conosciuti e immessi in commercio i seguenti IPP:
- Lansoprazolo.
- L’esomeprazolo.
- L’omeprazolo.
- Il pantoprazolo.
- Rabeprazolo.
Tra i farmaci indicati non c’è una sostanziale differenza nell’efficacia terapeutica, tuttavia – ad appartenere alla classe dei ‘gastroprotettori’ – ci sono anche gli:
- Antagonisti dei recettori istaminici H2 (o H2 antagonisti come la Ranitidina, Famotidina, etc.) che agiscono ostacolando la secrezione gastrica acida soprattutto di notte.
- Antiacidi (Bicarbonato di sodio, Maalox, Riopan) neutralizzano l’eccessiva acidità gastrica in caso di:
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- Pirosi gastrica (bruciore retrosternale).
- Ulcera gastrica (erosione delle pareti dello stomaco).
- Situazioni in cui il pH dei succhi gastrici si abbassa.
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Molti di questi nomi non ti saranno sconosciuti, alcuni forse li assumi già perchè soffri di bruciore allo stomaco o di una difficoltà nella digestione, ciò che non conosci però sono i rischi correlati ad un uso prolungato.
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I rischi nell’uso prolungato, quando non assumerli
In Italia l’utilizzo di questa classe di farmaci è molto diffuso soprattutto per contrastare la dispepsia (digestione difficile), l’ulcera gastroduodenale, la malattia da reflusso gastro-esofageo e a scopo preventivo quando si devono assumere per periodi prolungati i farmaci anti-infiammatori.
Tra gli IPP, studi scientifici osservazionali hanno evidenziato la possibilità d’incorrere a dei rischi nel tempo quali:
- Polmonite.
- Osteoporosi.
- Infezioni intestinali.
- Eventi cerebrovascolari.
- Insufficienza renale cronica.
- Demenza.
Altri studi ne rilevano in maniera proporzionata i rischi e i benefici, soprattutto lo studio Compass che evidenzia solamente l’insorgenza di alcune forme di infezioni intestinali.
Un altro problema clinicamente evidenziato è la riduzione dell’assorbimento dei nutrienti.
In qualche modo, con l’utilizzo degli IPP nel tempo, si è “inibita” una funzione essenziale dell’apparato digerente: il calcio, il magnesio, la vitamina b12 non vengono più assorbiti in maniera ottimale (rischio di aritmie cardiache, fratture, etc.).
Per evitare d’incorrere ai rischi associati, è possibile astenersi dall’assunzione cronica:
- Quando si deve fare una terapia antinfiammatoria di pochi giorni.
Inoltre è consigliato:
- Non combinare – se non sotto indicazione medica – questi farmaci con altri (come l’antibiotico) deliberatamente.
In gravidanza l’uso è consentito nel primo trimestre.
Questa guida non sostituisce nessun parere medico, per ulteriori indicazioni e delucidazioni rivolgersi al proprio medico di fiducia.
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