Pesticida nei peperoncini, l’allarme dell’Unione Europea
Veleni in alcuni alimenti che finiscono sia sulle nostre tavole sia su quelle estere, che non sono soltanto contraffatti, ma spesso nocivi.
Veleni in alcuni alimenti che finiscono sia sulle nostre tavole sia su quelle estere, che non sono soltanto contraffatti, ma spesso nocivi.
Che c’è di più salutare dei peperoncini, pensiamo nel metterli nel carrello della spesa, da tempo indicati come cardioprotettivi e non sappiamo che in realtà mangeremo un concentrato di residui chimici, visto che la verdura proviene non dalle nostre campagne ma dal Bangladesh.
È l’allerta (2018.0565) per contaminazione di “rischio grave” è stata lanciata ieri, 5 marzo, dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (RASFF) della Commissione Europea, con tanto di pubblicazione di una black list degli alimenti contaminati, su segnalazione del Ministero della Salute italiano e pubblicata sul sito europeo di RASSF.
Il prodotto è stato probabilmente ritirato dalle vendite a scopo preventivo, per ragioni di possibile contaminazione in quanto nella maggioranza dei peperoncini è stata trovata la presenza in eccesso di Clorpirifos. Il Clorpirifos metile è considerato pericoloso e non è una questione di allarmismo o di bufale in rete.
A dirlo è stato la Environmnental Protection Agency (EPA) rievocando l’utilizzo di questo pesticida a partire dal 2016. È da anni commercializzato come Lorsban e Dursban e utilizzato nei giardini e nei prati, ma anche nelle case oppure nel campo dell’agricoltura.
Per usi domestici la vendita è vietata, sempre dall’EPA, già dal 2000, perché erano emerse delle gravi conseguenze sulla salute dei bambini. Ci sono anche degli studi che collegano l’impiego del pesticida a possibili danni al sistema nervoso o alla nascita di bambini con problemi comportamentali e con basso quoziente intellettivo, se le madri ne hanno respirato in gravidanza. Negli adulti il clorpirifos metile può causare nausea, mal di testa e vertigini, in USA è ancora usato in grandi quantità nel settore agricolo ma l’EPA vorrebbe revocarne l’uso, non è così semplice farlo perché c’è chi ci guadagna impiegandolo nella produzione di frutta e ortaggi. In Unione Europea la situazione sembra essere leggermente migliore: il clorpirifos metile è ammesso ma ci sono dei livelli massimi per la presenza di suoi residui su frutta e verdura che dovrebbero garantire la protezione della nostra salute.
“Inquieta davvero vedere come i prodotti incriminati siano di largo consumo sulle nostre tavole – osserva Giovanni D’Agata, presidente dello Sportello dei Diritti – Diventa fondamentale, allora, tracciarli e identificarli ovunque si celino. Una battaglia, la piena tracciabilità di ogni ingrediente per garantire al massimo la tutela del consumatore e per raggiungere questo obiettivo è importante lavorare sempre di più anche su un fronte cruciale come quello della tracciabilità e dell’etichettatura. È un lavoro in linea con la promozione del modello agricolo italiano che fa della sostenibilità una pratica quotidiana e che vede l’Italia all’avanguardia nella riduzione dei fitofarmaci e nel contenimento delle emissioni di gas serra“.