Pesta bubbonica: segnalati nuovi casi, dobbiamo temerla?

C'è da temere il ritorno della peste? Potrebbe scoppiare una nuova pandemia? Cerchiamo di capirne di più.

Chiunque abbia studiato storia conosce la terrificante “peste nera”, la pandemia che nel Medioevo uccise almeno un terzo della popolazione europea. In alcune zone del mondo il numero dei casi di peste è in aumento, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato la malattia come riemergente. C’è da temere il ritorno della peste? Potrebbe scoppiare una nuova pandemia? Cerchiamo di capirne di più.

La peste bubbonica e la peste polmonare

Un dettagliato articolo pubblicato da maxisciences.com fa il punto della situazione. Le due forme di peste sono la peste bubbonica e la peste polmonare. La peste è causata dal batterio Yersinia pestis, trasmesso agli esseri umani attraverso i morsi delle pulci che trasportano i batteri, a loro volta trasportati dai roditori come i ratti.

Come si contraggono

Mentre la peste bubbonica si contrae attraverso i morsi delle pulci, la pesta polmonare, complicazione della prima, si trasmette attraverso l’aria che trasporta le goccioline di saliva emesse da un paziente malato quando tossisce.

I sintomi della peste bubbonica

La peste bubbonica si manifesta come una grave sindrome infettiva, con incubazione piuttosto breve, fino a 8 giorni dopo il morso della pulce. I sintomi della malattia possono includere: febbre alta, stato di estrema stanchezza e debolezza generale, nausea, brividi, dolore muscolare, un linfonodo ingrossato (bubbone).

L’Oms spiega che “il bacillo, Y. pestis, entra nel corpo durante il morso, attraversa il sistema linfatico e raggiunge il linfonodo più vicino dove si replica. Ciò provoca l’infiammazione del ganglio con tensione dolorosa dei tessuti: è ciò che chiamiamo “bubbone”. Nella fase avanzata, i linfonodi infiammati finiscono per ulcerarsi e suppurare”.

Secondo l’ Istituto Pasteur “Nel 20-40% dei casi, il bubbone suppura e il paziente guarisce dopo un periodo di convalescenza abbastanza lungo”.

Diagnosi e trattamento della malattia

La peste bubbonica viene trattata con antibiotici (come fluorochinoloni, tetracicline e streptomicina), ma non è ancora possibile diagnosticarla precocemente.

Se la peste bubbonica non viene trattata le conseguenze possono essere gravi e fatali. La malattia, infatti, può evolvere in peste setticemica (sepsi o infezione del sangue) o addirittura attaccare i polmoni con il manifestarsi della peste polmonare.

Si stima che la peste bubbonica non trattata sia fatale nel 40-70% dei casi, provocando la morte in pochi giorni, all’incirca in meno di una settimana.

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I Paesi più colpiti dalla malattia

La peste bubbonica dunque esiste ancora. Dai dati dell’Oms si evince che i casi maggiori sono stati segnalati in Africa, Asia e nel continente americano.

In Africa, i paesi più colpiti dalla peste bubbonica sono il Madagascar (è il paese con il maggior numero di casi umani di peste al mondo), la Repubblica Democratica del Congo, la Tanzania e l’Uganda. In Asia, le epidemie di peste più attive si registrano in Cina, Vietnam, Mongolia, Kazakistan e India.

Nel continente americano il focus principale è il Perù, ma un caso di peste bubbonica è stato segnalato nel dicembre dello scorso anno in Oregon.

Per quanto riguarda Oceania ed Europa, recentemente non sono stati segnalati casi di peste.

In Francia gli ultimi casi di peste umana risalgono al 1945 e si sono verificati in Corsica.

C’è da preoccuparsi?

La pesta bubbonica oggi non è un’epidemia di massa ma ci si chiede lo stesso se sia il caso di preoccuparsi. Si tratta di una domanda alla quale non è facile fornire una risposta.

Secondo l’ Istituto Pasteur nel corso del XX secolo, l’uso di cure antibiotiche e il rafforzamento delle misure di sanità pubblica hanno ridotto notevolmente la morbilità e la mortalità dovute a questa malattia. Ma la peste, come detto, non è scomparsa.

All’inizio degli anni 2000 la malattia è ricomparsa anche nei Paesi dove non era più stata diagnosticata per decenni (come Algeria, Libia e Kirghizistan) e si è inoltre notato un aumento dei casi in altri Paesi. Per questi motivi l’Oms ha classificato la malattia come riemergente.

Come sottolinea l’Istituto Pasteur “una delle caratteristiche delle epidemie di peste è la loro capacità di “spegnersi” per diversi anni prima di riapparire improvvisamente in forma epidemica”.

La peste, pertanto, non può essere considerata una malattia del passato o un problema circoscritto solo ad aree geografiche ristrette. E’ ancora oggi un pericolo. Dunque sono più che mai necessari il rafforzamento e potenziamento della sorveglianza sanitaria e della ricerca in merito alle condizioni di circolazione e diffusione del bacillo.

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