Perché la respirazione bocca-bocca funziona anche se l’aria è già stata espirata?
Il principio su cui si basa la respirazione artificiale, con un focus sul perché l'aria espirata, ricca di ossigeno, possa rianimare una persona.
La respirazione artificiale, una tecnica salvavita praticata in situazioni di emergenza, si basa su un principio semplice ma fondamentale: l’uso dell’aria espirata per rianimare una persona in difficoltà respiratoria. Questo metodo, sorprendentemente efficace, sfrutta l’aria che, pur essendo stata già utilizzata per il processo respiratorio, contiene ancora una percentuale significativa di ossigeno.
La Composizione dell’Aria Espirata
Contrariamente a quanto comunemente creduto, l’aria espirata non è composta esclusivamente da anidride carbonica. In realtà, essa contiene circa il 16-17% di ossigeno, una percentuale significativamente superiore a quella necessaria per sostenere la vita umana. Per mettere in prospettiva, l’aria atmosferica che respiriamo ogni giorno è composta per il 21% da ossigeno e solo per lo 0.04% da anidride carbonica. L’aria espirata contiene inoltre circa il 4% di anidride carbonica, un aumento rispetto alla concentrazione atmosferica ma comunque a livelli che non precludono l’efficacia della rianimazione.
Il Ruolo dell’Ossigeno nella Rianimazione
Il processo di respirazione artificiale, sia esso da bocca a bocca o da bocca a naso, si basa sull’introduzione forzata di aria nei polmoni del paziente. L’ossigeno contenuto nell’aria espirata dal soccorritore viene quindi trasportato al sangue del paziente, dove può essere utilizzato dalle cellule per produrre energia e sostenere le funzioni vitali. Questo spiega perché anche l’aria, che è già stata utilizzata una volta per la respirazione, può essere efficace nella rianimazione: contiene ancora abbastanza ossigeno per sostenere la vita.
Il Processo di Scambio Gassoso
Per comprendere pienamente l’efficacia della respirazione artificiale, è essenziale avere una conoscenza di base del processo di scambio gassoso nei polmoni. Durante la respirazione normale, l’ossigeno viene trasferito dall’aria nei polmoni al sangue, mentre l’anidride carbonica segue il percorso inverso, dal sangue all’aria nei polmoni per essere espirata. Anche se l’aria espirata contiene più anidride carbonica rispetto all’atmosferica, la presenza di ossigeno è sufficiente per garantire che questo scambio vitale possa continuare durante la rianimazione.
Durata e Intensità della Rianimazione
La rianimazione tramite respirazione artificiale può talvolta richiedere un impegno prolungato, estendendosi fino a un’ora e mezza, per garantire che il paziente riceva abbastanza ossigeno per recuperare. Questa durata sottolinea l’importanza della persistenza e della tecnica corretta durante il soccorso, enfatizzando quanto sia cruciale mantenere un flusso costante di ossigeno verso il paziente fino all’arrivo dei soccorsi medici o fino alla ripresa spontanea della respirazione.
Riassumendo, la pratica della respirazione artificiale sfrutta un fenomeno fisiologico fondamentale: nonostante sia già stata utilizzata per il processo respiratorio, l’aria espirata conserva una quantità di ossigeno sufficiente a sostenere la vita. Questa comprensione sfata il mito che solo l’aria fresca possa essere utilizzata in situazioni di emergenza, offrendo una base scientifica per la tecnica salvavita della respirazione artificiale. Con la giusta conoscenza e pratica, chiunque può diventare un anello cruciale nella catena di sopravvivenza, dimostrando l’importanza della preparazione e dell’educazione in materia di primo soccorso.
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