Ostriche contaminate dal Noravirus. Allerta del Ministero della Salute
L’allerta è partita dalla Francia, paese di origine dei molluschi, ed è arrivata in Italia attraverso il sistema Rasff, che considera il rischio serio.
Dopo i richiami da parte di RASFF e del Ministero della Salute, ancora una volta oggi il dicastero ha pubblicato un avviso di richiamo di ostriche concave (Crassostrea gigas) allevate in Francia, contaminate da norovirus genogruppo GI, commercializzate con il marchio GISA SRL.
L’allerta è partita dalla Francia, paese di origine dei molluschi, ed è arrivata in Italia attraverso il sistema Rasff, che considera il rischio serio.
Il nuovo richiamo riguarda un lotto di ostriche, GTO 4024, confezionate da GISA SRL nello stabilimento di Anzio (RM) via Colle Cocchino 13/A, in cassette da 3 kg.
Il virus sotto accusa, decisamente aggressivo, è il Noravirus. Patogeno per il quale non esiste, al momento, nessun vaccino. Ecco di cosa si tratta, come si trasmette e i sintomi.
Il Noravirus non è affatto un microorganismo scovato di recente. Tutt’altro: è stato scoperto e isolato per la prima volta quasi mezzo secolo fa: nel 1972. Si tratta di un virus a singolo filamento di Rna che appartiene alla famiglia dei Caliciviridae. Alcuni lo conoscono come il nome di Norwalk, omonimo della città di Ohio che registrò un’epidemia nel lontano 1968.
Oggi grazie a metodi avanzati sono stati rilevati almeno 5 genogruppi di Norovirus: GI, GII, GIII, GIV e GV differenziati da circa 20 cluster, di cui almeno 3 sono in grado di colpire l’essere umano.
I sintomi sono abbastanza tipici, e di norma sono simili a quella che noi chiamiamo – erroneamente – influenza intestinale. In realtà si tratta di una gastroenterite non batterica (come i rotavirus) che comincia con forte nausea, vomito e, talvolta, diarrea. A differenza di una gastroenterite batterica si risolve nel giro di pochi giorni.Il virus si diffonde con estrema facilità nelle varie comunità. Specie se le persone mangiano nello stesso posto. È quindi facile essere colpiti da un’infezione se si mangia alla mensa della scuola, in hotel, in ospedale, nella navi da crociera, nelle industrie e in carcere. È possibile rilevarlo in acque infette o in cibi crudi e freddi. Infatti se da un lato vive bene in presenza di ossigeno, dall’altro muore a temperature superiori ai 60 gradi.
Si trasmette per via oro-fecale, attraverso saliva e vomito del soggetto. Una volta entrato attraverso la bocca, raggiunge l’intestino dove è in grado di replicarsi e sviluppare i sintomi nell’essere umano.
Trattandosi di un’infezione virale e non batterica non occorre l’uso di antibiotici. È sconsigliato anche quello di altri tipi di farmaci se non in caso di sintomi eccessivamente forti. A volte vengono somministrati farmaci anti-emetici per ridurre il vomito e anti-diarroici. In ogni caso, ribadiamo, i sintomi si risolvono da soli entro tre-cinque giorni anche senza l’utilizzo di medicinali.
A scopo precauzionale e al fine di garantire la sicurezza dei consumatori, Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, raccomanda a coloro che hanno acquistato il prodotto con medesimi lotti di appartenenza, di NON consumarli e di riportarli al punto vendita che provvederà al rimborso. La cottura non elimina il rischio, perché queste tossine sono resistenti al calore.