Nuovo caso di ‘vaiolo dell’Alaska’: rischio pandemia?
Tra il ghiaccio a nascondersi è il vaiolo, la malattia che ha ucciso circa 300 mila persone in tutto il mondo nel XX secolo e che era stata dichiarata ‘sconfitta’ dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1980. Il nuovo primo caso scoperto risale al 2015, ad agosto 2020 il secondo.
Si teme uno scenario preoccupante per il pianeta?
‘Vaiolo dell’Alaska’, una situazione allarmante?
In questo momento il vaiolo sembra essere confinato in Alaska ma potrebbero esserci delle ripercussioni anche al di fuori del suo confine?
Per rispondere a questa domanda è importante indagare lo stato dei fatti: un residente di Fairbanks (la seconda città più grande dello stato federale dell’Alaska) si è trovato addosso una lesione grigia nella parte superiore sinistra del braccio seguita da un eritema quattro giorni dopo.
I sintomi non si sono fermati, il paziente ha anche presentato una linfoadenopatia (ingrossamento dei linfonodi), affaticamento e febbre di notte.
A quel punto per i medici non restava che fare una biopsia della lesione che ha confermato la positività per un orthopoxvirus che era stato rilevato in precedenza ad un altro concittadino nel 2015: un orthopoxvirus simile a quello del vaiolo.
Si tratta di virus a DNA a doppio filamento che provengono dalla famiglia dei Chordopoxvirinae ed hanno la capacità di ‘colpire’ anche l’uomo oltre agli altri vertebrati.
La loro pericolosità può essere bassa quando lasciano emergere solamente lesioni cutanee benigne ma possono diventare mortali se sviluppano malattie importanti come il vaiolo che produce segni e sintomi comuni quali:
- Eritema.
- Esantema.
- Lentiggini.
- Febbre.
- Dolori muscolari.
- Comparsa di piccole chiazze rosse pruriginose per evolvere poi in vesciche e croste.
- Astenia.
- Anchilosi.
- Cachessia.
- Mal di testa.
- Meningite.
- Mal di schiena.
- Papule.
- Vomito.
- Xantomi.
Quello identificato ad agosto dai medici è un virus simile a quello del vaiolo ma molto più innocuo: il dolore alla spalla si è risolto in due settimane e la lesione cutanea in sei settimane.
Solamente nel caso precedente del 2015 i sintomi erano stati più pervasivi e persistenti per 6 mesi.
La modalità di trasmissione di questo virus appare tutt’oggi misteriosa nonostante si sappia che i portatori siano i piccoli mammiferi. D’altronde, la paziente in questione ha due gatti che probabilmente erano entrati in contatto con piccoli animali selvatici.
Gli esperti affermano che data la ‘vicinanza’ dei due casi, è probabile che il virus provenga da un animale che vive in Alaska. C’è da preoccuparsi?
Le autorità rassicurano: i due casi sono avvenuti a 5 anni di distanza quindi è probabile che l’infezione negli esseri umani sia occasionale.