Microplastiche in numerosi campioni di frutti di mare: i risultati di uno studio australiano
Un recente studio australiano ha permesso di trovare la presenza di microplastiche in numerosi campioni di frutti di mare comunemente consumati. I dettagli di questo lavoro di ricerca sono stati pubblicati sulle pagine della rivista Environmental Science & Technology.
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I dettagli della ricerca
Gli esperti che hanno condotto questa ricerca hanno acquistato al mercato cinque grandi granchi blu, dieci ostriche selvatiche, dieci gamberi tigre d’allevamento, dieci calamari e dieci sardine selvatiche.
Li hanno successivamente analizzati, cercando la presenza di cinque tipologie molto comuni di plastica (utilizzati negli imballaggi e trovati frequentemente anche tra i rifiuti rinvenuti in mare). Al follow up, è stato possibile riscontrare tracce di plastica in tutti i campioni sopra citati.
La Dottoressa Francisca Ribeiro, tra gli autori senior dello studio, ha sottolineato che un utente medio, quando mangia una porzione di pesce o di frutti di mare, è esposto a circa 0,7 mg di plastica.
Lo studio, che ha visto impegnata un’equipe attiva presso l’Università di Exeter e una dell’Università del Queensland, ha scoperto che la maggior quantità di plastica riguarda le sardine. I prodotti che ne contengono di meno, invece, sono i calamari.
Per portare avanti questo lavoro scientifico, i ricercatori hanno utilizzato un metodo nuovo, che prevede la possibilità di trattare i vari alimenti con sostanze chimiche in grado di dissolvere la plastica.
Questa tecnica, nota come pirolisi gascromatografia-spettrometria di massa, permette di identificare contemporaneamente diverse tipologie di plastica.
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