Ludopatia: come riconoscerla e intervenire
In Italia colpisce 900mila persone, ma sono pochissime quelle che si fanno curare.
Il gioco è divertimento, a volte anche accanimento, ma quando crea dipendenza significa che c’è qualcosa che non va. Quando il gioco diventa la cosa più importante della vita di una persona, persino più degli affetti, allora è malattia. È ludopatia.
Si tratta di una dipendenza a tutti gli effetti. Come con la droga o l’alcol, non si può più fare a meno del gioco d’azzardo. E bisogna intervenire per evitare che il malato distrugga la propria vita (c’è chi arriva anche al suicidio) e quella di chi gli sta accanto.
In Italia la ludopatia colpisce 900mila persone, ma il trend è in crescita a causa del web dove è più facile giocare e non essere scoperti. Il dato che fa riflettere, però, è che di queste solo 7mila sono in cura. Questo accade soprattutto perché, come per gli altri tipi di dipendenza, non si (vuole) riconosce la malattia e il bisogno di cura.
Ecco allora qualche informazione utile per individuare la malattia.
Chi è affetto da disturbo da gioco d’azzardo (DGA) sente una impellente necessità di giocare e se non riesce a soddisfare questo suo bisogno sta male. Non solo. È ossessionato dalla ricerca di somme di denaro sempre maggiori da investire nel gioco. Questo lo porterà quasi sicuramente a contrarre debiti per soddisfare il proprio ‘bisogno’. Quando gioca, inoltre, perde la cognizione del tempo.
Il gioco diventa talmente importante che il ludopatico perde di vista la realtà che lo circonda e ‘trascura’ la propria vita sia privata che sociale tanto da arrivare a perdere affetti e lavoro.
Il passaggio da semplice divertimento occasionale a vera e propria dipendenza nella maggior parte dei casi si verifica in concomitanza con un evento particolarmente stressante (ad esempio un divorzio o un licenziamento, un conflitto familiare, ma anche un pensionamento non accettato). Il gioco in questo caso diventa un modo per ‘fuggire’ dal problema (come accade con le droghe).
Per i ludopatici sono, quindi, di vitale importanza familiari e amici. Sono loro, infatti, che possono vedere il problema e chiedere l’aiuto di uno specialista (psicologo o psichiatra) o, nei casi più gravi, di una comunità terapeutica.