Le cellule malate “parlano”: la scoperta italiana che rivoluziona la diagnosi della leucemia
Tra gli aspetti più rilevanti dello studio, anche l’applicazione della cosiddetta biopsia liquida: una metodologia non invasiva che permette di analizzare i segnali cellulari attraverso un semplice prelievo di sangue periferico, evitando così il più complesso prelievo di midollo osseo.
Un linguaggio in codice tra cellule malate, capace di aprire nuove prospettive nella diagnosi e nella cura della leucemia acuta mieloide. È quanto emerge dal nuovo studio condotto dal gruppo di ricerca di Ematologia del Policlinico di Sant’Orsola di Bologna, guidato dal professor Pierluigi Zinzani, e pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Communications.
Lo studio viene riportato dall’Almanacco della Scienza del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Le cellule malate comunicano tra loro
La ricerca ha rivelato come le cellule leucemiche comunichino tra loro attraverso un sistema complesso basato su vescicole extracellulari, contenenti materiale genetico e proteico.
Un meccanismo sofisticato, simile a un linguaggio articolato, che permette alle cellule di influenzare reciprocamente il proprio comportamento metabolico.
Si scambiano messaggi che modificano la produzione di energia
“È un vero e proprio linguaggio, la cui comprensione serve alla conoscenza e alla cura della malattia, dove le tecnologie sono importanti, ma il fattore umano è fondamentale”, spiega Antonio Curti, responsabile del team di ricerca. “Le cellule leucemiche non solo parlano tra di loro, ma anche con tutte quelle che sono presenti, ad esempio nel midollo osseo. Lo fanno attraverso le vescicole extracellulari, che hanno un contenuto vario, che è questo messaggio in codice, e può essere fatto di Rna, Dna e proteine. Il linguaggio, molto articolato, è fatto di tante ‘parole’ che si combinano, messaggi che vanno a modificare il metabolismo bioenergetico delle cellule, vale a dire la produzione di energia”.
La biopsia liquida
Tra gli aspetti più rilevanti dello studio, anche l’applicazione della cosiddetta biopsia liquida: una metodologia non invasiva che permette di analizzare i segnali cellulari attraverso un semplice prelievo di sangue periferico, evitando così il più complesso prelievo di midollo osseo. “Grazie alla biopsia liquida, possiamo raccogliere informazioni fondamentali senza ricorrere a procedure invasive per i pazienti”, afferma Dorian Forte, primo autore della pubblicazione.
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Allo studio hanno collaborato pazienti e famiglie
Un risultato reso possibile anche grazie alla collaborazione dei pazienti e delle loro famiglie, che hanno contribuito in modo determinante alla ricerca. L’équipe scientifica ha espresso profonda gratitudine per la loro disponibilità, riconoscendone il ruolo cruciale nel raggiungimento di un traguardo che apre la strada a trattamenti più efficaci e a una qualità della vita migliore per chi convive con questa grave patologia.
L’Ematologia del Sant’Orsola, centro di riferimento nazionale per le malattie del sangue, registra ogni anno circa 100 nuove diagnosi di leucemia acuta mieloide, confermandosi in prima linea nella ricerca scientifica e nell’innovazione terapeutica.