La moglie ha la SLA. Se ne prende cura da 44 anni. Una grande storia d’amore
Fu negli anni '70 che Simone iniziò a cadere regolarmente.
Fu negli anni 70 che Simone iniziò a cadere regolarmente. Qualche mese dopo, la diagnosi: ha la SLA, la sclerosi laterale amiotrofica, una malattia mortale che colpisce i nervi e i muscoli.
“I primi anni della malattia, riuscivo ancora a gestire alcune cose, ma dal 1984 sono diventata totalmente dipendente da mio marito, ha dovuto darmi da mangiare e tutto il resto perché ero già quasi paralizzata“, dice con calma Simone. “Le ho detto in quel momento che sarò sempre lì per lei, e sono ancora qui oggi“, riassume il marito Jules con determinazione. Per svolgere tutti i compiti che gli capitano da solo, si alza ogni giorno alle quattro del mattino per andare al capezzale della moglie.
“Intorno alle 7, l’infermiera della croce gialla e bianca passa e alle 8:30 mette Simone sulla sua sedia a rotelle e mangiamo uno yogurt per due, è ora di mangiare, e così via ogni giorno, ogni giorno. Non è facile, è vero, e non puoi contare su molto aiuto. Sei solo per la maggior parte delle cose“, dice l’ottuagenario con amarezza. Fortunatamente, un caregiver familiare gli dà una mano due volte alla settimana e suo figlio Luc vive nella stanza accanto se c’è un problema. “Sono molto felice che la mente di mia moglie sia così lucida e che possiamo sempre parlare insieme per far passare il tempo più velocemente, dimentico le date di nascita o i numeri di telefono, ma Simone li conosce tutti a memoria“.
Lei approva: “Sì, la testa funziona ancora molto bene, peccato che il resto del mio corpo rovini la festa“. Ai vecchi tempi, la coppia passeggiava ancora nei negozi del quartiere o nella cappella di Lennik. “Ma fare commissioni è davvero impossibile anche se mi piacesse confrontare i prezzi, ma quest’anno vorrei tornare di nuovo alla cappella di Saffelberg“.
Jules è stato premiato come miglior abitante di Gooik.
Una storia che supera ogni ostacolo, per Giovanni D’Agata, presidente dello Sportello dei Diritti, come quello impervio chiamato Sla: la malattia più subdola e feroce che non lascia grande spazio alla speranza. Con la particolarità che questa volta non ci si piange addosso ma si combatte attraverso l’amore del compagno di una vita. E come in un romanzo si parla di amore, passione, gioie e, subito dopo, malattia e crolli incontrollabili: quelli di una sofferenza devastante, di un dolore compresso che non lascia spazio alla compassione, ma cerca la normalità nella difficoltà, l’ironia nella paura.