Il coronavirus è più debole? Il virologo Crisanti: “Stupidaggine”
Andrea Crisanti, professore di microbiologia all’università di Padova in collegamento con la trasmissione di Canale 5, Mattino Cinque News, ha affermato: «Per un microbiologo o un epidemiologico un caso è un caso di troppo. È chiaro che ci sono delle esigenze economiche e sociali che in qualche modo devono essere rispettate quindi si corre un rischio che, chiamiamo così, i politici hanno ritenuto accettabile, però il rischio zero non esiste».
Per Crisanti, poi, sarebbe stato «ragionevole» allungare la chiusura per Piemonte e Lombardia di una settimana: «Non si tratta di trattare una regione o determinate categorie come untori o considerarli cittadini di serie B, era a mio avviso, una considerazione dettata soltanto dal numero dei contagi e basata sulla prudenza. Ho sempre detto che bisognava tenere conto delle differenze di trasmissione a livello delle differenti regioni. È stata una decisione politica, una sfida al virus».
Per Crisanti l’idea che il virus sia meno aggressivo è una stupidaggine: «Glielo dico tranquillamente. Abbiamo completato le analisi della sierologia a Vo’ Euganeo ed è emerso che il 23 febbraio c’erano già cinquantatré persone che si erano ammalate e guarite. Quindi, se noi avessimo dato un’occhiata al virus a Vo’ in quel momento non ci sarebbero stati elementi che avrebbero destato la nostra preoccupazione. Non vuol dire nulla. Il virus è lo stesso. Noi non capiamo ancora il perché a certi livelli di densità di persone infette, il virus si manifesta in maniera così grave, invece quando i casi sono di meno, apparentemente la virulenza diminuisce. È una cosa che non capiamo e quando non capiamo bisogna essere pià prudenti. Sembra che ci sia una soglia dopo la quale il virus si manifesta con forme gravi. Viceversa, se la frequenza è bassa, il virus tende a manifestarsi in forme lievi. Questo potrebbe essere legato alla carica virale, potrebbe essere legato invece alla possibilità che le persone si reinfettino l’una con l’altra. Non si sa. Quello che voglio dire è che se uno fosse andato a Vo’ il 10 gennaio, quando probabilmente i primi casi hanno cominciato a trasmettersi, uno avrebbe avuto la stessa impressione che abbiamo adesso». Fonte: Italpress.
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