“Ecco cosa potrebbe scatenare l’artrite reumatoide”
L’artrite reumatoide potrebbe essere scatenata da un batterio delle gengive (Glaesserella parasuis) che indurrebbe delle reazioni immunitarie improprie da parte dell’organismo.
Resa nota su Frontiers in Medicine, la scoperta si deve a ricercatori della Fondazione Policlinico Gemelli e Università Cattolica e potrebbe portare allo sviluppo di un vaccino o di terapie preventive basate su antibiotici per i soggetti a rischio.
Lo studio dimostra infatti che la Glaesserella è ‘riconosciuta’ dalle stesse cellule immunitarie (linfociti T), che aggrediscono il collagene di tipo 2 delle articolazioni dei pazienti con artrite reumatoide.
“La Glaesserella – ha spiegato Francesco Ria – viene riconosciuta come ‘nemico’ dalle stesse cellule del sistema immunitario che si scatenano contro le ‘delle articolazioni nell’artrite reumatoide. Il sistema immunitario per motivi finora sconosciuti, riconosce come nemico un ‘pezzetto’ (peptide) della proteina del collagene, scatenandogli contro un attacco autoimmune”.
Il grilletto potrebbe essere premuto proprio dal batterio del cavo orale. Infatti, ha spiegato Gabriele Di Sante, primo autore del lavoro, le stesse cellule T che si attivano contro il collagene di tipo 2, si attivano anche in risposta al batterio, riconoscendo come ‘nemica’ una sequenza di 9 aminoacidi presente sia nel collagene di tipo 2, sia in un peptide simile derivato dal batterio.
Inoltre la presenza del DNA di questo batterio è stata riscontrata nel 57,4% delle gengive dei pazienti con artrite reumatoide (contro il 31,6% dei controlli). In presenza di Glaesserella parasuis inoltre, le cellule T diventano piu’ aggressive”.
“La presenza di queste cellule T specializzate – ha affermato Elisa Gremese – identifica inoltre una popolazione di pazienti con una forma di malattia più grave e resistente alla terapia convenzionale”.
“Le ricadute pratiche suggerite da questo lavoro – ha concluso Gremese – sono essenzialmente due. Una strategia di vaccinazione contro Glaesserella nella prima decade di vita e/o un’attenta prevenzione delle reinfezioni attraverso terapia antibiotica potrebbero aiutare a prevenire l’artrite reumatoide, a renderne meno grave il decorso e forse a riportare i pazienti a rispondere ai trattamenti tradizionali. Questo potrebbe rivoluzionare il futuro dell’artrite reumatoide”.