Dipendenza affettiva, quando amare vuol dire soffrire
- La ‘dipendenza affettiva’ è classificata tra le ‘New Addiction’, nuove dipendenze di tipo comportamentale.
- Quando amare vuol dire soffrire allora stai amando troppo.
- Puoi uscire dalla dipendenza affettiva tramite un percorso psicoterapico, intanto abbiamo due consigli per te.
Pensando all’amore immaginiamo felicità, condivisione, equilibrio, intimità, autenticità ma a volte l’amore si traduce in sofferenza, in malessere. Stiamo amando troppo?
Dipendenza affettiva: quando amare è amare troppo
“Lei, invece, avrebbe conquistato il suo uomo con l’amore, la comprensione e il dono totale di se stessa” (Donne che amano troppo, Robin Norwood).
Forse ti ritrovi in questa frase e nella tua vita hai avuto relazioni in cui hai sempre dato ‘troppo’ per paura di perderlo, per paura di non essere mai abbastanza, per paura di non essere accettata, pregiudicando il rapporto con te stessa (il viaggio più lungo e bello che tu possa fare): lui al primo posto, al di sopra di tutto e soprattutto di te stessa.
Hai soffocato i tuoi bisogni, non li hai accolti, ne ascoltati perché non li ritenevi importanti, ti sei sempre sacrificata per amore, per l’altro, soffrendo. Forse perché è quello che hai appreso durante la tua infanzia, forse perché hai vissuto una trascuratezza emotiva da parte dei tuoi familiari, forse perché sei cresciuta in una famiglia problematica.
A prescindere dai motivi, le tue relazioni sentimentali sono state sempre fonte di malessere per te e spesso fallimentari.
Stiamo parlando di ‘dipendenza affettiva’ classificata tra le ‘New Addiction’, nuove dipendenze di tipo comportamentale.
Il gruppo di Reynaud (Reynaud, Karila, Blecha e Benyamina, 2010), partendo dalle analogie riscontrate con la dipendenza da sostanze, propone una definizione diagnostica della love addiction:
Un modello disadattivo o problematico della relazione d’amore che porta a deterioramento o angoscia clinicamente significativa, come manifestato da tre (o più) dei seguenti criteri (che si verificano in ogni momento, nello stesso periodo di 12 mesi, per i primi cinque criteri):
- Esistenza di una sindrome da astinenza per l’assenza dell’amato, caratterizzata da significativa sofferenza e un bisogno compulsivo dell’altro;
- Considerevole quantità di tempo speso per questa relazione (in realtà o nel pensiero);
- Riduzione di importanti attività sociali, professionali o di svago;
- Persistente desiderio o sforzi infruttuosi di ridurre o controllare la propria relazione;
- Ricerca della relazione, nonostante l’esistenza di problemi creati dalla stessa;
- Esistenza di difficoltà di attaccamento, come manifestato da uno dei seguenti:
(a) ripetute relazioni amorose esaltate, senza alcun periodo di attaccamento durevole;
(b) ripetute relazioni amorose dolorose, caratterizzate da attaccamento insicuro”.
Forse anche per una questione culturale si è abituati a pensare che in amore più si soffre, più si sta amando, che la sofferenza è il metro di giudizio del tuo grado di amore.
Durante l’innamoramento c’è una fase di fusione molto forte e un certo grado di dipendenza è normale. Quando il bisogno dell’altro diventa pervasivo, al punto che ogni pensiero e ogni gesto è centrato su di esso, stai amando troppo.
Questo ti conduce alla perdita di te stessa, della tua individualità e unicità, continuerai a mettere da parte i tuoi bisogni – come forse hai appreso durante l’infanzia – per ‘accudire’ quelli dell’altro.
Per avere una relazione sana e appagante bisogna riconoscersi come individui separati dall’altro, rispettandosi e accettandosi.
Ognuno di noi è diverso e merita di essere amato per quello che si è.
Non ti ostinare nel mantenere una relazione che ti fa soffrire, piuttosto chiedi aiuto ad uno psicoterapeuta.
Abbiamo 2 consigli per te:
- approfondisci la lettura del libro ‘Donne che amano troppo‘ di Robin Norwood.
- dai un’occhiata alla ‘Scuola di Indipendenza Emotiva‘.