Covid-19, la maggioranza dei contagiati da Omicron non lo sa
Quante persone, che hanno contratto la variante Omicron di SARS-CoV-2, era a conoscenza del suo stato infettivo?
Questa è la domanda di partenza dei ricercatori di Cedars-Sinai (USA), il cui studio è stato pubblicato su JAMA Network.
Più di due anni fa, gli studiosi hanno cominciato a raccogliere campioni di sangue dagli operatori sanitari di Los Angeles. Nell’autunno del 2021 – poco prima dell’inizio della forte propagazione di Omicron – hanno arruolato altri pazienti per espandere il campo d’osservazione.
Quindi, un totale di 2.479 partecipanti ha fornito due misurazioni anticorpali utilizzabili dai ricercatori:
- la prima dopo la fine di una riacutizzazione regionale della variante Delta;
- la seconda dopo l’inizio di una riacutizzazione regionale della variante Omicron.
Tra queste persone, 210 sono state infettate da Omicron che hanno poi fornito informazioni sullo stato di salute tramite sondaggi e interviste.
Lo studio ha rilevato che soltanto il 44% di queste persone ha evidenziato di essere a conoscenza di una recente infezione con la variante Omicron mentre il 56% non lo sapeva.
Come mai questo risultato?
È interessante notare che solo il 10% dei partecipanti allo studio che non erano a conoscenza della propria infezione da SARS-CoV-2 ha riferito di avere avuto sintomi che hanno attribuito a un raffreddore o a un altro tipo di infezione.
Da un lato, ciò significa che la stragrande maggioranza dei partecipanti inconsapevoli della propria infezione era asintomatica, come nel caso di almeno il 25% delle persone infette da SARS-CoV-2 secondo studi precedenti.
Dall’altro lato, ciò evidenzia che, poiché la variante Omicron è associata a sintomi generalmente meno gravi – che possono comprendere affaticamento, tosse, mal di testa, mal di gola o naso che cola – rispetto ad altre varianti di SARS-CoV-2, il collegamento a il virus potrebbe essere meno chiaro. Potrebbe addirittura esserci una certa ‘banalizzazione’ del contagio con la variante Omicron.
Aumentare la consapevolezza per ridurre la diffusione del virus
“I risultati di questo studio suggeriscono che tassi bassi di sensibilizzazione all’infezione della variante Omicron possono essere un fattore chiave nella trasmissione veloce del virus all’interno delle comunità”, hanno riferito i ricercatori.
Inoltre, gli studiosi ritengono che la disponibilità e l’uso di test antigenici rapidi debbano essere associati a una maggiore consapevolezza, soprattutto tra le persone che non lavorano nel settore sanitario.
Infatti, i partecipanti che hanno lavorato per il Cedars-Sinai Medical Center avevano maggiori probabilità di essere a conoscenza della loro infezione da Omicron rispetto ai non dipendenti.
Lo studio, però, presenta diversi limiti, a cominciare dalla modesta dimensione del campione, che non consente di rilevare i molteplici fattori associati all’ignoranza dello stato infettivo.
Poiché la maggior parte dei partecipanti è stata vaccinata con un vaccino mRNA, saranno necessari ulteriori studi per scoprire se i risultati saranno con un altro tipo di vaccino o senza vaccinazione preventiva.
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