COVID-19, l’accusa del GIMBE: “Confusione sui dati, qualcuno ha mollato”
«Le uniche due Regioni che stanno facendo un’attività di testing massiccio sono Valle d’Aosta e provincia di Trento che dal 4 maggio stanno facendo circa 4.200 tamponi per 100mila abitanti. Un numero abbastanza consistente. Subito dopo ci sono Basilicata e Friuli che stanno a 2.200-2.300 mentre le regioni più colpite, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, stanno intorno ai 1.200-1.500 al giorno».
Così Nino Cartabellotta, presidente Fondazione GIMBE, ospite di 24 Mattino su Radio 24, ha anticipato i dati della ricerca pubblicata stamattina.
«È evidente – ha sottolineato – che questo si riflette anche sul numero dei casi diagnosticati. Poi ci sono alcune regioni del sud come Puglia, Sicilia e Campania, che è vero che hanno pochi casi ma è anche vero che fanno un numero di tamponi per 100mila abitanti che si colloca tra i 250 e gli 800. Il concetto è: il virus, per trovarlo lo devi cercare; se non lo cerchi non è certo che non ci sia».
Nino Cartabellotta ha poi aggiunto: «Nella fase 2, proprio quando c’era bisogno di avere una raccolta dati molto più analitica, precisa e capillare, è un po’ come se si fosse mollato tutto, anche in conseguenza del fatto che da fine aprile la protezione civile non fa più la conferenza stampa giornaliera e quindi è mancato anche quel momento di confusione. Ma in generale c’è un’altra problematica: il decreto del 16 maggio ha affidato interamente alle Regioni la responsabilità del monitoraggio e delle eventuali misure in deroga, sia di tipo restrittivo che ampliativo. È evidente che questa coincidenza di controllore e controllato può far sì che ci siano comportamenti di tipo opportunistico come quello di effettuare meno tamponi diagnostici».
«Utilizzo l’aggettivo ‘diagnostici’ in maniera voluta – ha spiegato – perché il numero totale dei tamponi comprende anche quelli di controllo che corrispondono a circa un terzo, quindi quando noi dobbiamo testare la reale volontà di una regione di andare a cercare nuovi casi dobbiamo riferirci solo a quelli diagnostici sottraendo quelli di controllo. È evidente che se si fanno meno tamponi diagnostici, si trovano meno casi e si adultera anche il famoso indice RT. Per esempio, nell’ultima valutazione di ieri ci siamo accorti che la Valle d’Aosta, che ha fatto un numero enorme di tamponi, adesso di trova con un indice RT elevato. Il fatto di non avere previsto, nelle linee guida del governo, che ogni regione dovesse dimostrare di effettuare un numero consistente di tamponi per la fase 2, fa sì che ci siano questi elementi di confusione».
Infine, a proposito del passaporto sanitario e della patente di immunità: «Citerei la scena di Fantozzi e la Corazzata Potemkin, per una serie di ragioni: intanto ogni test che viene effettuato ha una validità legata al momento in cui viene effettuato, posso fare il tampone oggi e contagiarmi domani mattina; e poi la patente viene spesso attribuita ai test sierologici che di fatto hanno una specificità molto bassa con troppi falsi positivi, ma in ogni caso anche se uno è negativo può contagiarsi il giorno dopo». – ADNKRONOS SALUTE.
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