Alzheimer, scoperto anticorpo che ha rimosso le placche nei topi
Alcuni anticorpi potrebbero essere in grado di rimuovere le placche amiloidi dell'Alzheimer dal cervello.
Alcuni anticorpi potrebbero essere in grado di rimuovere le placche amiloidi dell’Alzheimer dal cervello.
Lo ha rivelato una nuova ricerca condotta sui topi.
Fino a 20 anni dalla comparsa dei sintomi del morbo di Alzheimer, le persone con la malattia cominciano a sviluppare le placche di beta amiloide che si accumulano nel cervello e, secondo gli scienziati, interferiscono con i segnali neurali determinando così le perdite cognitive.
Ma i ricercatori della Scuola di Medicina dell’Università di Washington hanno sviluppato un anticorpo in grado di rimuovere le proteine di cui sono fatte queste placche.
Diversi recenti studi clinici hanno cercato di utilizzare gli anticorpi per colpire le placche ma nessuno ha superato le fasi di prova e molti trattamenti hanno avuto effetti collaterali insostenibili.
Il nuovo approccio potrebbe offrire un modo per aggirare questi effetti collaterali e fermare le placche di Alzheimer prima che abbiano inizio i sintomi della malattia.
LE PLACCHE E IL TEST
Le placche di proteina beta amiloide sono composte da pezzi di proteine che provengono dalle membrane adipose che rivestono le cellule dei neuroni.
Gli scienziati sospettano che mentre queste proteine si accumulano e si attaccano – intorno ai neuroni o vagano liberamente attraverso il cervello – bloccano i segnali elettrici sparati attraverso le sinapsi, ovvero le strutture che consentono alle diverse parti del cervello di comunicare tra di loro.
Ricercatori accademici e aziende farmaceutiche e biotecnologiche hanno cercato gli anticorpi per colpire queste placche ma, di recente, il gigante farmaceutico Eli Lily ha dovuto abbandonare il farmaco più promettente che aveva sviluppato con questo approccio.
Gli anticorpi hanno identità specifiche che li rendono adatti a combattere particolari invasori o patogeni nel sangue.
Il nuovo studio ha sperimentato un anticorpo che non corrisponde alle proteine beta dell’amiloide ma a una proteina più piccola contenuta al loro interno, chiamata APOE.
Ora, premesso che l’obiettivo più grande nella ricerca dell’Alzheimer è quello di fermare, annullare o addirittura impedire lo sviluppo delle placche per fermare il morbo, il team di scienziati ha progettato un esperimento per capire se potevano usare l’APOE per il doppio scopo di ricerca e distruzione, piuttosto che solo per il contenimento.
I ricercatori, quindi, hanno testato un certo numero di anticorpi – adattamenti per l’APOE umano – sui topi, insieme alle placche di Alzheimer.
Una volta che gli anticorpi raggiungevano le loro proteine bersaglio, agivano come fari, richiamando l’attenzione di altre cellule immunitarie per giungere insieme all’attacco contro le piccole proteine e tutta la proteina viziosa che contenevano.
La performance di uno di questi anticorpi è stata particolarmente impressionante. Nel corso di sei settimane, il livello di proteine beta-amiloide nei topi trattati con HAE-4 si è dimezzato rispetto a prima del trattamento.
I ricercatori si erano preoccupati di un possibile danno collaterale, dal momento che l’APOE svolge un ruolo importante nell’eliminare i grassi e il colesterolo dal flusso sanguigno.
Ma si è scoperto che l’APOE nelle placche ha una struttura diversa dalla forma dell’APOE trovata nel sangue e l’anticorpo HAE-4 ha riconosciuto solo la forma trovata attaccata alle placche nel cervello.