Abrignani (CTS): “Sì all’obbligo vaccinale per contenere il coronavirus”
«Proporrei l’obbligo vaccinale perché le malattie infettive le contieni quando vaccini tutti e lo abbiamo visto con la polio, il vaiolo e altre malattie».
Così, in un’intervista al Corriere della Sera, Sergio Abrignani, immunologo all’Università statale di Milano e membro del Comitato Tecnico Scientifico (CTS).
Entro la fine di settembre «dovremmo raggiungere l’obiettivo del 75-80% di popolazione vaccinata. Contemporaneamente riprenderà la vita sociale con uffici, scuole e mezzi pubblici».
In teoria dovremmo attenderci un’impennata di casi Covid come l’anno scorso, «ma non credo che sarà così e non penso che andremo incontro a nuove chiusure», ha affermato Abrignani.
Nessuno «sa che cosa succederà davvero, ma qualunque cosa avvenga sappiamo che grazie ai vaccini il numero di malati gravi di Covid e decessi sarà molto basso». Quando anche l’Italia «avrà coperto l’80% della popolazione anche noi forse potremo guardare al Covid con una letalità non più all’1-2% ma all’1-2 per mille, come l’influenza».
La variante Delta è «tre volte più infettiva del ceppo originale e due volte più infettiva della variante Alfa» ma «grazie ai vaccini non stiamo vivendo un’estate catastrofica». Comunque «dobbiamo cercare i 4 milioni e 200 mila italiani over 50 che a oggi non sono vaccinati neppure con una dose. Circa due milioni sono over 60, che piu’ spesso finiscono in ospedale e in terapia intensiva».
L’immunologo ricorda che gli effetti collaterali dei vaccini «sono studiati su vasta scala». Quelli ad adenovirus «non sono più utilizzati per la popolazione giovane dopo i rari casi di trombosi anomale mentre gli ancor più rari casi di miocardite e pericardite legati ai preparati ad mRNA si risolvono con pochi giorni di terapia cortisonica» e «non esiste alcun vaccino che negli ultimi 50 anni abbia dato effetti avversi dopo decenni».
È probabile che si arriverà alla terza dose «per prolungare la memoria a chi ha risposto bene e per aumentare la protezione a chi risponde poco al vaccino. Si dovrà iniziare con gli immunocompromessi, per poi pensare ai 19 milioni di over 60».
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