1 italiano su 2 non fa mai controllo della vista e crescono i casi di cecità a causa del glaucoma
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre l’80% dei deficit visivi può essere prevenuto o curato. E secondo le stime dell’Oms senza interventi decisi, l’84% di tutti i casi di cecità e ipovisione riguarderà gli ultracinquantenni. Eppure, il 50% degli italiani non fa mai controlli della vista e tra il 30% che ha effettuato negli ultimi 12 mesi una visita oftalmologica 1 su 5 dichiara di essere tranquillo perché l’ha fatta dall’ottico.
Sono solo alcuni dei dati emersi da un sondaggio online svolto da OSVI, Osservatorio per la Salute della Vista, per capire quanta cura dedicano gli italiani alla prevenzione e alla difesa della vista. Nove domande mirate a raccogliere informazioni sulle abitudini di uomini e donne tra i 45 e i 60 anni.
Su 300 questionari compilati correttamente, l’84% delle risposte arrivano da donne, il che conferma che il sesso femminile è il più attento ai temi della salute. Quasi il 70% degli intervistati risiede nel Nord Italia. Il 56% appartiene alla fascia di età 40-50 anni e il 25% a quella dai 51 ai 60 anni.
Dal sondaggio emerge che solo il 50% degli intervistati ha effettuato negli ultimi 12 mesi un controllo della vista e tra questi soltanto il 30% si è recato dall’oculista mentre gli altri sono andati direttamente dall’ottico. “Sottoporsi ad una visita oculistica periodica è di estrema importanza ed altrettanto fondamentale è rivolgersi alla figura professionale corretta per non incorrere in possibili rischi per la nostra vista”, dichiara Carlo Nucci, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica presso il Policlinico Universitario di Roma Tor Vergata. “L’oculista è il medico specialista qualificato per diagnosticare e curare le malattie degli occhi, eseguire interventi chirurgici, prescrivere occhiali ed applicare lenti a contatto”.
Un altro aspetto su cui ha voluto indagare il sondaggio riguarda le motivazioni delle visite. Il 30% lo ha fatto perché gli serviva una revisione degli occhiali da vista, il 10% perché aveva un disturbo, l’8% per un controllo periodico e solo il 6% per fare prevenzione.
Il 95% degli intervistati non ha ricevuto diagnosi di una patologia oculare negli ultimi 12 mesi, ma in questa percentuale sono ricomprese anche le risposte di chi si è recato soltanto dall’ottico e potrebbe non avere effettuato un controllo completo e approfondito esponendosi al rischio di un ‘falso negativo’.
“La prevenzione, in oculistica, è fondamentale e va fatta in modi e tempi diversi in ogni fase della vita: dai 3 ai 6 anni, sempre e comunque per prevenire l’ambliopia, cioè l’occhio pigro. Dopo i 40, secondo il consiglio dello specialista e tenendo conto anche della familiarità per alcune specifiche malattie della vista come il glaucoma” dichiara Stefano Gandolfi, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma.
Un altro dato è quello relativo alle gocce oculari. Il 62% degli intervistati le utilizza solo per risolvere problemi occasionali, il 28% non li utilizza affatto ma il 10% vi ricorre per condizioni croniche (per esempio, il glaucoma o la sindrome dell’occhio secco). Tra le problematiche che limitano il ricorso ai colliri, il 14% segnala che la goccia esce dall’occhio, il 9% ha difficoltà a mantenere l’occhio aperto e un altro 9% (uno su 10) dichiara di aver bisogno necessariamente di qualcuno che l’aiuti, con il rischio di abbandonare la terapia o non seguirla correttamente. La scarsa aderenza dei pazienti alla terapia a base di gocce oculari è stata anche evidenziata da uno studio[1] condotto dall’Università del Michigan su 190 adulti affetti da glaucoma. Lo studio ha preso in considerazione 11 possibili barriere che impediscono un’aderenza ottimale al trattamento farmacologico nei pazienti affetti da glaucoma. Il 27% del campione ha riferito scarsa aderenza. Il 61% di tutti i partecipanti ha citato molteplici problemi e il 10% ha citato un unico impedimento come ostacolo ad un’aderenza ottimale: tra i più citati ci sono la dimenticanza e le difficoltà di somministrazione delle gocce da soli.
“L’aderenza alla terapia è senz’altro uno dei problemi più importanti nel trattamento del paziente con glaucoma”, dichiara Carlo Nucci. “Solitamente i pazienti devono somministrare più colliri più volte al giorno e spesso non sono in grado di instillarli correttamente. Questo li porta a dimenticanze o ad errori di somministrazione. Gli effetti collaterali di una terapia ipotonizzante locale sono inoltre sovente causa dell’abbandono della terapia. E’ pertanto compito del medico oculista sensibilizzare il paziente sull’importanza del corretto uso della terapia locale e valutare l’eventuale ricorso alla chirurgia per ottenere, qualora necessario, un maggiore effetto terapeutico”.
Ecco perché nel sondaggio Osvi, un intervistato su 5 (il 21%) dichiara che la situazione ideale sarebbe poter assumere una compressa anziché mettere le gocce. Anche la ricerca sta prendendo atto di queste esigenze e, soprattutto nell’ambito del glaucoma, sta cercando di trovare nuove modalità di somministrazione sia per le terapie ipotonizzanti sia per quelle di supporto ad azione anti-ossidante. E’ il caso del coenzima Q10 (sostanza ad azione neuroprotettiva) ora disponibile anche sotto forma di compresse. “Certamente – spiega il professor Gandolfi – il CoQ10, assunto per bocca, è un modo per affrontare il problema della difficoltà nella somministrazione dei colliri ed è una opportunità in più, soprattutto nel paziente che già segue una multiterapia topica con gocce”.