I latticini fanno bene a cuore e longevità. Lo dice la Scienza
Le nuove linee guida nutrizionali devono essere aggiornate, soprattutto quando sconsigliano a priori i latticini. Parola dei cardiologi.
Uno studio significativo, coordinato dalla McMaster University di Hamilton, in Canada, conferma e aggiunge nuove evidenze a quanto emerso da altre ricerche recenti: il rapporto tra i prodotti lattiero-caseari, in particolare i loro grassi e le malattie cardiovascolari è positivo.
Giovanni D’Agata, presidente dello Sportello dei Diritti, evidenzia che il collaudato e provato studio della Prospective Urban Rural Epidemiological (Pure), condotto in 21 Paesi dei 5 continenti seguendo per 15 anni 135.884 individui, diversi per stili di vita e di alimentazione, ha evidenziato che latte, yogurt, burro e formaggi non solo non sono implicati nelle principali malattie cardiovascolari (infarto del miocardio, ictus e insufficienza cardiaca), ma anzi proteggono dalla loro insorgenza.
Il team di ricercatori canadesi, indiani, pakistani, sudafricani, brasiliani e colombiani ha rilevato un’associazione inversa tra consumo di prodotti lattiero-caseari e mortalità o incidenza di malattie cardiovascolari. In particolare, sia il rischio di infarto (-13%) che quello di malattie cardiovascolari (-10%) sono risultati più bassi nei soggetti con i più alti consumi di prodotti lattiero-caseari. E non è stata riscontrata nessuna associazione tra i più alti consumi di prodotti lattiero-caseari e l’infarto del miocardio.
La spiegazione data dai ricercatori è che gli alti consumi di prodotti lattiero-caseari non hanno evidenziato alcun impatto sul livello del colesterolo LDL e si sono accompagnati, invece, con un abbassamento della concentrazione di trigliceridi nel sangue. Il team degli autori sottolinea come un regolare consumo di prodotti lattiero-caseari possa apportare sempre un beneficio reale nella lotta alle malattie e ai decessi per cause cardiovascolari, indipendentemente dalle abitudini alimentari e dagli stili di vita.
A beneficiare maggiormente della protezione vascolare fornita dal maggior intake di prodotti lattiero-caseari sarebbero soprattutto i Paesi con bassi consumi di latte, yogurt, burro e formaggi ma con alta incidenza di ipertensione (come la Cina), perché lo studio ha rilevato una correlazione tra più alti consumi di prodotti lattiero-caseari e più bassi valori di pressione sanguigna.
Per questo, i ricercatori auspicano che non si scoraggino i consumi di latticini nei Paesi occidentali e li si incoraggi nei Paesi basso consumanti, come quelli orientali.
“È necessario riconsiderare il pensiero su ciò che costituisce una dieta di alta qualità per una popolazione globale”, ha dichiarato il professor Salim Yusuf, autore principale della ricerca PURE e direttore del Population Health Research Institute (PHRI) presso la McMaster University di Hamilton, in Canada: “Ad esempio, i nostri risultati mostrano che i latticini e la carne sono utili per la salute e la longevità del cuore. Il che differisce dagli attuali consigli dietetici“.
Le raccomandazioni sulle abitudini alimentari e i luoghi comuni che hanno generato sono basati su studi condotti decenni fa sulla popolazione delle nazioni più ricche, spiegano i ricercatori, mentre ad oggi non c’è un’idea chiara su ciò di cui si nutre la popolazione mondiale. Oggi sia i prodotti carnei che quelli lattiero-caseari sono molto diversi, rispetto a quelli degli anni addietro, così come sono lo stile di vita e i gusti delle persone. A conferma inoltre numerosi studi meccanicistici hanno mostrato come i prodotti lattiero-caseari, per le loro peculiari caratteristiche, impattino su vari fattori ad azione anti ipertensiva (come l’enzima convertitore dell’angiotensina) e antiosteoporotica (come l’osteocalcina), e come interagiscano con il microbiota intestinale. Insomma, per avere un cuore in buona salute non bisogna eliminare dalla propria dieta bistecche e formaggi. Al contrario, è necessario seguire una alimentazione completa, che come tale includa ogni alimento nelle giuste quantità. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet.