Di cosa è morto Oliviero Toscani?

L'amiloidosi è una patologia rara causata dall'accumulo di proteine anomale, chiamate amiloidi, nei tessuti e negli organi.

Il mondo della cultura e dell’arte è in lutto per la morte di Oliviero Toscani, uno dei fotografi più celebri al mondo. Aveva 82 anni. Il decesso è stato annunciato dalla famiglia tramite un breve comunicato stampa.

“Con immenso dolore diamo la notizia che oggi, 13 gennaio 2025, il nostro amatissimo Oliviero ha intrapreso il suo prossimo viaggio. Chiediamo cortesemente riservatezza e comprensione per questo momento che vorremmo affrontare nell’intimità della famiglia. Kirsti Toscani con Rocco, Lola e Ali”, si legge nella nota firmata dalla moglie e dai figli.

Toscani era affetto da amiloidosi, come lui stesso aveva reso noto parlando della sua malattia, ed era ricoverato in gravi condizioni da alcuni giorni all’ospedale di Cecina, in provincia di Livorno.

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Cos’è l’amiloidosi

L’amiloidosi è una patologia rara causata dall’accumulo di proteine anomale, chiamate amiloidi, nei tessuti e negli organi. Il fotografo aveva perso 40 chili di peso in un anno: si tratta di una malattia molto debilitante.

I depositi di amiloidi possono interferire con il normale funzionamento degli organi colpiti, come il cuore, i reni, il fegato e il sistema nervoso.

Come si legge sul sito Amiloidosi.it, gli scienziati conoscono circa trenta tipi diversi di amiloidosi, ciascuno causato da una diversa proteina. Ogni tipo di amiloidosi richiede una terapia differente.

Si stima che ogni anno in Italia circa 800 persone si ammalino di amiloidosi sistemica.

I sintomi

I sintomi della patologia variano a seconda degli organi coinvolti. Le manifestazioni più comuni possono includere: stanchezza e debolezza; gonfiore alle caviglie e alle gambe; mancanza di respiro; intorpidimento o formicolio alle mani e ai piedi; battito cardiaco irregolare; difficoltà a deglutire.

Diagnosi e terapie attuali

La ricerca scientifica relativa a questa patologia va avanti, ma non è facile riconoscerla, e spesso viene diagnosticata con ritardo. La diagnosi si basa solitamente su esami del sangue e delle urine, studi di imaging e biopsia tissutali.

Allo stato attuale è possibile gestire i sintomi e rallentare la progressione della malattia, tramite farmaci, chemioterapia e, in alcuni casi, trapianti di organi.

Il successo della terapia dipende dalla precocità e dall’accuratezza della diagnosi, che deve essere corretta e basata su tecnologie adeguate. Ciascun paziente, inoltre, necessita di una terapia a sé in base allo stato complessivo di salute.

In Italia esiste un centro specializzato nel trattamento dell’amiloidosi a Pavia.

I tipi di amiloidosi

I tipi di amiloidosi più diffusi sono quattro. Nell’amiloidosi da catene leggere (AL), i depositi di amiloide sono formati da frammenti di anticorpi, le catene leggere, prodotti da cellule che si trovano nel midollo osseo, chiamate plasmacellule. Questa è forma più comune di amiloidosi. L’amiloidosi AL colpisce più spesso il cuore (nel 75% dei pazienti), i reni (nel 65% dei casi), il fegato (20%) e i nervi che trasmettono la sensibilità dai piedi e dalle mani e quelli che regolano la pressione arteriosa (20%).

La terapia si basa su combinazioni di farmaci che hanno lo scopo di uccidere le plasmacellule che producono le catene leggere tossiche.

Le amiloidosi ereditarie sono causate da alterazioni ereditarie dei geni responsabili della produzione di alcune proteine, che conferiscono a queste stesse proteine la capacità di formare depositi di amiloide. In Italia le due forme di amiloidosi ereditarie più comuni sono causate dalle proteine transtiretina (ATTR) e apolipoproteina AI (AapoAI). La diagnosi di queste forme di malattia si basa anche sull’analisi del Dna, che rileva le alterazioni dei geni responsabili.

Sono disponibili o in fase di studio diversi nuovi farmaci che possono impedire che le proteine alterate formino i depositi di amiloide, oppure che promuovono la dissoluzione dei depositi già formati. Alcuni pazienti con amiloidosi da transtiretina possono essere trattati con un trapianto di fegato.

C’è poi l’amiloidosi reattiva a infiammazione cronica (AA), che può essere sviluppata da pazienti che hanno un’infiammazione di lunga durata (per esempio malattie reumatologiche o infezioni). Questa forma di amiloidosi è causata da una proteina prodotta dal nostro organismo come risposta all’infiammazione, la “siero amiloide A” (SAA). L’amiloidosi AA interessa quasi sempre i reni e si manifesta con perdita di proteine nelle urine.

La terapia di questa forma di amiloidosi si basa sul controllo della malattia che causa l’infiammazione.

Infine si conosce anche l’amiloidosi senile, causata dalla forma normale (detta wild type) di una proteina, la transtiretina, che nell’arco di un lungo tempo è in grado di formare depositi di amiloide. Questa forma di amiloidosi è molto più comune nei maschi e può comparire già dopo i 60 anni, ma diventa più frequente dopo gli 80 anni. Coinvolge il cuore.

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