Allergia alla carne per la puntura di una zecca. Segnalati casi in Svizzera
Una patologia scoperta da poco, ma che fa già scattare più di un campanello d’allarme nella medicina e che fa riemergere il problema sempre più segnalato delle punture di zecca sugli uomini.
Si tratta delle allergie alla carne, a seguito di punture di zecche a cui è stato dato il nome di sindrome Alpha-Gal (anafilassi tardiva da consumo di carni rosse).
La malattia aveva registrato un picco nel 2015 negli Stati Uniti, con 5000 casi segnalati, mentre proprio poco tempo fa, in Svizzera il quotidiano Le Matin aveva riportato la vicenda di un pensionato, parlando di un primo caso al di là delle Alpi.
Solo a distanza di qualche giorno, è stato evidenziato un altro possibile contagio: un uomo di Lugano, che dal 2014 sarebbe diventato allergico alla carne proprio in conseguenza della puntura di una zecca.
La prima pubblicazione scientifica in merito all’Alfa-Gal è datata 2015 anche se i primi studi sono stati effettuati nel 2009 quando vennero descritti in dettaglio i primi 24 casi (J Allergy Clin Immunol 2009;123:426-33).
Da allora sono stati progressivamente censiti migliaia di casi negli Stati Uniti (USA) soprattutto negli Stati del Sud e dell’Est, ma solo alcuni in Europa ed Australia (Curr Allergy Asthma Rep 2013;13:72-77).
L’allergologo svizzero Jean Pierre Lantin intervistato da un giornale elvetico, ha evidenziato che “per ora sappiamo pochissimo su questo problema. Che in futuro potrebbe presentarsi con maggiore frequenza“.
La causa sarebbe rinvenibile negli inverni sempre più miti, che favoriscono il proliferare delle zecche nel corso della primavera e dell’estate.
E dunque, potenzialmente, anche quello delle malattie.
Finora erano noti soprattutto i rischi di borreliosi e di meningoencefalite verno-estivale.
La sindrome di Alpha-gal rappresenta, quindi, una fastidiosa new entry nell’elenco dei rischi da punture di zecca.
“La ‘storia’ di questa malattia – dice il luganese oggi allergico alla carne – è ancora relativamente breve. E non se ne conoscono le possibili conseguenze. Non si sa se la malattia è degenerativa, oppure se porta ad altri scompensi, o se può guarire nel tempo“.
Ciò che è noto è che se si ingerisce la carne di mammifero, in particolare quella bovina, a distanza di 6-8 ore appaiono sintomi che vanno dal rossore alla pelle, alla mancanza di fiato. Nei casi più gravi si può arrivare allo choc anafilattico e alla perdita di conoscenza.
“Praticamente – evidenzia Lantin – l’individuo diventa allergico agli zuccheri attaccati alle proteine della carne. Non se ne conosce il motivo. È un tema di grande attualità per il mondo scientifico. Intuitivamente ci rendiamo conto che tra le persone che, per lavoro o per altre ragioni, stanno spesso a contatto con i boschi, si sta espandendo il rischio di contrarre questa sindrome. Nei dintorni di Basilea mi sono stati segnalati circa 10 casi analoghi, tanto per fare un esempio“.
Il problema degli effetti delle punture di zecca, rileva Giovanni D’Agata, presidente ‘Sportello dei Diritti‘, sta conoscendo un’esplosione negli ultimi anni anche in Italia, proprio in conseguenza delle alte temperature invernali, che impediscono alle colonie di parassiti di morire, amplificando il fenomeno sempre di più ed anno dopo anno, nella stagione calda.
In Italia, tuttavia, non sono ancora noti casi della sindrome in questione, anche se le diagnosi effettuate nella vicina Svizzera potranno servire a comprendere se reazioni simili accadute su pazienti in Italia, possano essere riconducibili alla patologia.
In ogni caso la comparsa della sindrome Alfa Gal nella vicina Svizzera è da spunto per attrarre l’attenzione del pubblico verso il fenomeno delle punture di zecca che nel prossimo futuro per gli infettivologi diverrà una costante per l’insieme delle patologie riconducibili al morso di tali insetti.
“La borreliosi – sottolinea Enos Bernasconi, infettivologo attivo presso l’Ente Ospedaliero Cantonale – è senz’altro la malattia più diffusa. Causa eritemi o altre reazioni cutanee. E se trascurata, può portare a complicazioni neurologiche, reumatiche e cardiache“.
Poi c’è la meningoencefalite verno estivale. “Che causa l’infiammazione delle meningi. In alcuni casi può essere letale“. Diviene sempre più utile, quindi, ascoltare i consigli, a partire dai più banali per ridurre i rischi.
La prevenzione con i vaccini per la meningoencefalite, l’uso di abiti lunghi, il ricorso a repellenti specifici. Sono solo alcuni dei consigli che le autorità sanitarie danno a chi si trova a stretto contatto con la natura ed in particolare in boschi, prati e campi.
“Le zecche non cadono dagli alberi – puntualizza Bernasconi –. Vivono nel sottobosco, prevalentemente sugli arbusti. Occorre ad esempio evitare di camminare al di fuori del sentiero. In ogni caso prima che una zecca si attacchi saldamente al nostro corpo, e che ci trasmetta la malattia, passano tra le 24 e le 48 ore. Ecco perché quando si torna da una gita in mezzo alla natura è sempre importante controllarsi. In quel momento si è ancora in tempo per togliere il parassita ed evitare la maggior parte dei disagi“.