Cosa succede al nostro corpo subito dopo la morte?
La morte è una delle pochissime certezze che abbiamo. Quando la nominiamo, subito pensiamo a interrogativi su paradiso, inferno o altri luoghi dove, in qualche modo, la nostra coscienza continua. Si tratta di domande che sono parte integrante dell’essere umano da sempre ma che aiutano fino a un certo punto a capire cosa succede al nostro corpo quando la vita lo abbandona.
Se vuoi scoprire qualcosa di più in merito, nelle prossime righe trovi alcune informazioni molto importanti.
Cosa succede al corpo dopo la morte?
Subito dopo la cessazione delle funzioni biologiche che sostengono l’organismo vivente – in questo caso l’essere umano – abbiamo a che fare con il cosiddetto livor mortis. Di cosa si tratta? Di un generale impallidimento a cui il corpo va incontro a causa della cessazione del battito cardiaco. Generalmente, il livor mortis ha inizio nell’ora successiva al decesso.
Subito dopo questa fase arriva il rigor mortis, ossia l’irrigidimento muscolare che inizia 2/6 ore circa dopo la cessazione delle funzioni biologiche. Al rigor segue l’algor, ossia il processo che si contraddistingue per un generale abbassamento della temperatura del corpo. In questo caso, i tempi dipendono molto anche dal clima esterno.
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Come cambia la pelle
Subito dopo la morte, il nostro corpo è interessato da cambiamenti che riguardano anche la pelle. Tra questi è possibile citare l’assunzione di un colore tendente al verde. A cosa è dovuta? A reazioni chimiche che coinvolgono l’idrogeno solfato e l’emoglobina. A partire da queste si innesca un processo di produzione di pigmenti che conferiscono all’epidermide del cadavere un colore tendente al verdastro.
Cosa succede alla mente
Quando si muore, ci si rende conto della situazione. A seguito della cessazione delle funzioni biologiche, la mente continua, anche se per poco, a manifestare coscienza. Si tratta di una teoria formulata dal Dottor Sam Parnia, medico specializzato in rianimazione.
L’esperto, in collaborazione con il suo team, ha commentato uno studio che ha a sua volta monitorato la condizione di un gruppo di pazienti – circa 2000 persone ricoverate presso ospedali in USA, in Austria e nel Regno Unito – che avevano subito arresti cardiaci e che si erano successivamente ripresi. Al follow up, è stato possibile scoprire che circa il 40% dei soggetti, nel corso della morte clinica, era consapevole delle conversazioni che avvenivano attorno.
Il Dottor Parnia, nel corso di un’intervista alla testata Indipendent, ha affermato che si tratta di una valida testimonianza di come, nei minuti successivi alla cessazione delle funzioni biologiche, la coscienza rimanga in qualche modo attiva.
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