Epatite B cronica, scoperta molecola che riattiva le difese
Il 2019 che ci siamo lasciati alle spalle da poco ci ha regalato tantissime novità importanti in ambito medico. Tra queste è possibile ricordare la scoperta di una molecola in grado di riattivare le difese immunitarie nei pazienti affetti da epatite B cronica.
Questo importantissimo risultato è frutto di uno studio pubblicato sulla rivista Nature e condotto da due team scientifici attivi presso l’Ospedale San Raffaele di Milano e presso l’Università Vita Salute.
La situazione di partenza
Quando si parla di epatite B, si inquadra una condizione che, quando colpisce una persona, impedisce al sistema immunitario di combattere il virus. Quando sopraggiunge questa situazione, il virus si riproduce nel fegato.
Gli esperti sopra citati hanno studiato le condizioni di un campione di topi, monitorando nello specifico un determinato sottotipo di linfociti T in grado di debellare il virus dell’epatite B ma impotenti davanti all’epatite B cronica.
La tecnica utilizzata
Per arrivare alla scoperta della molecola in grado di riattivare le difese immunitarie nei pazienti affetti da epatite B cronica, gli studiosi hanno fatto ricorso a una tecnica di microscopia in vivo da loro stessi elaborata.
Tramite quest’ultima, è possibile visionare in tempo reale l’azione delle cellule. La tecnica ha permesso di venire a conoscenza del fatto che, in caso di epatite B cronica, i linfociti T hanno un’attività inibita fin dall’inizio.
Analizzando le disfunzioni dei linfociti T, i ricercatori dell’Ospedale San Raffaele e dell’ateneo legato al nosocomio milanese sono riusciti a identificare le molecole in grado di riattivare le suddette cellule del sistema immunitario umano.
Tra queste è possibile citare l’interleukina-2, molecola messaggero del nostro sistema immunitario. Quando si parla dello studio che stiamo descrivendo, è importante specificare il fatto che gli studiosi sono riusciti a elaborare una piattaforma tecnologica innovativa. Grazie ad essa, potrebbe essere presto possibile identificare altre molecole con gli stessi effetti dell’interleukina-2.
Come rivelato a Il Sole 24 Ore dal Dottor Luca Guidotti, uno degli autori senior dello studio, l’obiettivo del team è quello di arrivare a testare l’efficacia di queste molecole in combinazione con farmaci antivirali di nuova generazione.
Si tratterebbe di una nuova generazione di farmaci in grado di rappresentare una speranza per circa 250 milioni di persone. Questo è il numero mondiale dei pazienti affetti da epatite B cronica, una patologia che alza notevolmente il rischio di cancro al fegato. Tra i suoi sintomi è possibile citare manifestazioni che variano a seconda del grado di danno epatico. In molti casi, si può addirittura parlare di pazienti asintomatici.