Farmaci e salute: pericolo ingredienti inattivi nelle pillole e pastiglie
I ricercatori della Brigham & Women’s Hospital e del Massachusetts Institute of Technology hanno analizzato il contenuto delle pillole e delle pastiglie più frequentemente prescritte dai medici, scoprendo che anche le più comuni ricette possono causare delle gravi reazioni allergiche.
A destare la preoccupazione da parte degli scienziati, sono, per l’appunto, i cosiddetti ingredienti inattivi. Si tratta di sostanze mirate a migliorare qualità del farmaco. Il suo sapore, per esempio, ma anche l’assorbimento, la conservazione e la durevolezza. Tra essi vi sono infatti lattosio, olio di arachidi, glutine e coloranti chimici.
Secondo i risultati, oltre il 90% delle formule analizzate conteneva questi ingredienti inattivi, dannosi soprattutto per i pazienti più sensibili alle allergie. Questo studio trae ispirazione da un caso realmente accaduto, di un paziente celiaco a cui è stata prescritta una medicina, presa in farmacia, la cui formula conteneva glutine. Gli scienziati hanno voluto capire quale fosse il problema e dunque hanno esplorato l’intero universo di ingredienti inattivi contenuti in migliaia di farmaci. Sotto la lente di ingrandimento degli scienziati ben 42mila medicinali per uso orale.
La soglia o dose sufficiente per indurre una reazione allergica in un paziente non è chiara: generalmente il contenuto di lattosio o glutine di una pillola non è abbastanza per scatenare un’allergia, a meno che il paziente non sia gravemente intollerante all’una o all’altra sostanza.
“È vero che questi sono ingredienti ‘inattivi’ ma in tanti casi sono attivi eccome“. Per questo, Giovanni D’Agata, presidente dello Sportello dei Diritti, rivolgendosi al Ministro della Salute Giulia Grillo la invita a intervenire per regolamentare attraverso nuove disposizioni puntuali, relative alle etichettature di tutti i farmaci che contengono ingredienti inattivi pericolosi. Infatti, l’ultima cosa che vorrebbero i medici è prescrivere una medicina che possa causare una reazione allergica al proprio paziente. La ricerca è stata pubblicata nella rivista scientifica Science Translational Medicine.